Oltre le Feste comandate

Per una strategia di fundraising basata su touch point identitari

A gennaio c’è la classica la tessera sostenitore, tra marzo/aprile arriva la Pasqua, poi il 5×1000 e il periodo delle bomboniere solidali perché si affollano comunioni, battesimi, lauree e matrimoni, a seguire le vacanze estive e il back to school di settembre, la giornata dei defunti a novembre, che segna l’inizio della rincorsa verso il Natale.

Tutto sembra già scritto nel calendario, nelle “Feste comandate”. Ma quante di queste iniziative rispecchiano davvero l’identità della tua organizzazione? E quante, invece, sono semplicemente la risposta a un calendario universale che non parla la tua lingua?

Mentre prepariamo la strategia di fundraising per il 2026, è il momento di fermarci e porci una domanda fondamentale: stiamo scegliendo i nostri touch point o li stiamo semplicemente subendo?

Pianificare con senso e identità il 2026

Il fundraising sta entrando in una fase di trasformazione profonda. Le organizzazioni Non Profit si trovano ad affrontare un contesto caratterizzato da pressioni senza precedenti: risorse limitate, team sottodimensionati e aspettative dei donatori in continua evoluzione.

In questo scenario, la differenza tra sopravvivere e crescere passa attraverso:

connessione;

chiarezza;

intenzionalità.

I donatori di oggi, soprattutto le nuove generazioni, non cercano semplicemente cause da sostenere: cercano comunità a cui appartenere.

Millennials e Generazione Z richiedono trasparenza e autenticità nelle interazioni con le organizzazioni, spesso ricercando informazioni prima di effettuare una donazione. In Italia, secondo l’Osservatorio Eumetra 2025, i giovani donatori tra 18 e 34 anni mostrano un comportamento caratterizzato da forte fluidità e utilizzo prevalente di canali online e social network.

Questo cambiamento non è superficiale: riguarda il modo in cui le persone vogliono relazionarsi con la tua missione. E i touch point che scegli di presidiare sono il linguaggio di questa relazione.

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Il rischio dell’omologazione: quando tutti parlano lo stesso giorno

Pensa all’ultimo Giving Tuesday. Quanti messaggi avete ricevuto? Quanti ne ricordate veramente?

La verità è che quando tutti parlano nello stesso momento, con lo stesso tono e sugli stessi canali, il messaggio si perde nel rumore di fondo.

I donatori raramente convertono da un singolo punto di contatto: necessitano di un mix di e-mail, social media, sito web e contatti diretti per passare dalla consapevolezza all’azione. Ma questi touch point devono essere costruiti strategicamente, non assemblati seguendo il calendario degli altri.

L’errore più comune nella pianificazione del fundraising è confondere l’opportunità con l’urgenza.

Solo perché esiste una giornata mondiale dedicata a un tema, non significa che sia il momento giusto per la vostra organizzazione di parlare. Anzi, potrebbe essere esattamente il momento sbagliato se quella ricorrenza non risuona autenticamente con la vostra identità.

Il posizionamento attraverso la scelta

Un touch point identitario non è semplicemente un momento in cui comunicate con i vostri sostenitori. È un momento che significa qualcosa per la tua organizzazione e per la tua community.

È un punto di contatto che rafforza chi siete, non chi pensate di dover essere.

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Il posizionamento attraverso la scelta

1
Coerenza con la Mission

Un touch point identitario nasce dalla tua storia, dalla tua missione, dai tuoi valori organizzativi.

Non è importato dall’esterno, ma generato dall'interno.

La tua organizzazione può creare rilevanza collegando la sua missione a momenti specifici dell’anno. Un’organizzazione ambientale potrebbe scegliere la Giornata della Terra, ma non perché tutti lo fanno, piuttosto perché quella data rappresenta veramente un momento significativo nella loro narrativa.

2
Profondità vs Ampiezza

Meglio presidiare in modo profondo e memorabile tre momenti strategici all’anno, che partecipare superficialmente a dieci ricorrenze generiche.

I fundraiser devono costruire relazioni di lungo periodo: i donatori che si sentono connessi, curati e riconosciuti continuano a donare anche nei momenti difficili.

3
Continuità Narrativa

I vostri touch point devono raccontare una storia che continua nel tempo.

Ogni momento di contatto dovrebbe essere un capitolo di una narrazione più ampia, non un episodio scollegato. Questo approccio costruisce quella che i donatori cercano: non una transazione, ma una relazione.

Il coraggio di essere diversi e

Il 2026 sarà un anno di scelte. Scelte che definiranno non solo quanto raccoglierà la tua organizzazione, ma che organizzazione sarà agli occhi dei vostri sostenitori.

Avrete il coraggio di non partecipare a una ricorrenza popolare perché non vi rappresenta?

Avrete la visione di creare i vostri momenti identitari invece di seguire quelli degli altri?

Avrete la costanza di costruire relazioni profonde invece di inseguire picchi di visibilità?

Queste scelte non sono facili. Richiedono riflessione, strategia e la capacità di resistere alla pressione dell’omologazione. Ma sono esattamente le scelte che costruiscono organizzazioni memorabili, sostenibili e profondamente connesse con le loro community.

Il calendario 2026 è ancora bianco.

Riempilo non con le date che tutti gli altri presidiano, ma con i momenti che raccontano chi siete veramente. I vostri donatori non cercano un’altra organizzazione che fa fundraising. Cercano la vostra storia, vissuta nei momenti che contano davvero.

La pianificazione strategica del fundraising non è un esercizio amministrativo: è un atto di posizionamento identitario. Ogni touch point che scegli è una dichiarazione di chi siete. Scegli con cura.

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Natale non è una deadline
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